Un saluto all’Associazione Culturale Extravergine d’autore
Aprire la posta il mattino e trovarsi per prima cosa un addio, è sempre un duro colpo. Soprattutto se questo addio proviene da uno dei pochi baluardi che fronteggiavano il malcostume dell’editoria indipendente portata avanti in maniera raffazzonata.
Queste sono le parole con cui Michel Franzoso, il fondatore dell’iniziativa e presidente dell’Associazione Culturale Extravergine d’autore. La migliore selezione di libri indipendenti, saluta i suoi autori, iscritti, lettori e chiunque abbia seguito questo progetto negli anni.
Care Amiche, cari Amici,
sei anni fa, più o meno in questo periodo, cominciavo un viaggio contro i mulini a vento: armato della mia penna mi preparavo a combattere la diffidenza dei lettori verso il self publishing. Lo facevo perché come autore volevo intraprendere seriamente questa strada, e perché come lettore ero consapevole di quante brutte esperienze riservavano certi titoli autoprodotti.
Sei anni fa nasceva Extravergine d’autore.
Da allora quell’idea ha fatto molta strada, soprattutto grazie a tanti compagni di viaggio che si sono aggregati a questa folle avventura. Non è stato un viaggio facile, anzi, il più delle volte abbiamo arrancato, navigato a vista, combattuto con il poco tempo a disposizione e le troppe cose che volevamo fare. Ma nonostante gli ostacoli, in questi sei anni abbiamo dato visibilità e dignità a quasi 90 titoli autoprodotti, oltre che aiutato tanti autori a intraprendere la loro personale carriera grazie al nostro blog.
Ma nessun viaggio può durare in eterno.
Da fare è rimasto tanto, le nostre forze sono sempre meno, e a malincuore dobbiamo riconoscere di non averne abbastanza per portare questo progetto dove volevamo. Il viaggio di Extravergine d’autore finisce qui.
Non ci saranno quindi nuovi titoli, nuove notizie, nuove iniziative.
Ma quello che è stato non andrà perduto: il sito continuerà a restare online, con i suoi consigli e i suoi romanzi di qualità superiore: se non saprete cosa leggere i nostri titoli saranno sempre qui.
Grazie a tutti per averci seguito, per averci sostenuto, per essere stati parte di questo viaggio.
Nessun viaggio può durare in eterno, è vero, ma sono parole che fanno male comunque.
L’idea che ha mosso l’associazione in questi anni è stata encomiabile, l’impegno profuso dai suoi collaboratori incredibile e, ammettiamolo, Michel ha dovuto anche lottare contro un muro di gomma di proporzioni purtroppo in crescita.
Non era mai stato facile fin dall’inizio e spesso mi sono chiesta come facessero a resistere e portare avanti il loro progetto.
Dalla comparsa di Amazon KDP, cioè la possibilità di pubblicare e distribuire online le proprie opere svincolati dalle figure intermediarie che sono le case editrici, il mercato editoriale è stato invaso da una massa di pubblicazioni la cui maggiore pecca, almeno inizialmente, è stata l’ingenuità.
Il manoscritto rimasto per anni (talvolta decenni) nel cassetto, trovava finalmente la via per vedere la luce. I sogni prendevano forma in realtà palpabili e gli store online venivano inondati di testi con copertine amatoriali, poco o nulla editati e, nella maggior parte dei casi, illeggibili.
Negli Stati Uniti, pionieri in questo settore come in tanti altri, hanno definito i primi anni del decennio appena trascorso come quelli della “Kindle Gold Rush”, una corsa ad arricchirsi pubblicando qualsiasi cosa gli autori e aspiranti tali, rifiutati o stanchi di attendere i tempi biblici di agenti e case editrici, avessero per le mani. Alcuni hanno davvero fatto fortuna in quegli anni e proseguono tutt’oggi quella che è diventata la loro professione, ma la maggioranza è affondata nell’oblio. Fatto incontrovertibile è che allora era più semplice raggiungere il successo: i titoli disponibili erano ancora in numero limitato e ci si trovava di fronte a un mercato “vergine” nei confronti dell’autopubblicazione composto da lettori affamati di storie nuove, diverse da quelle proposte dall’editoria tradizionale, e a prezzo decisamente concorrenziale. Oggi, la gold rush è irrimediabilmente finita.
In Italia, bacino di lettori più piccolo ma anche più legato all’idea dell’editoria professionale come fucina di talenti, la “corsa all’oro del Kindle” ha letteralmente “bruciato” il mercato. La mole di testi-spazzatura messi online ha causato l’allontanamento e lo stigma di buona parte dei lettori i quali, dopo qualche esperienza negativa, hanno preferito evitare la categoria in toto piuttosto che dedicare un minimo sindacale di ricerca per capire se un eventuale testo di autore autopubblicato fosse valido. E di libri indipendenti validi ce ne sono tantissimi.
Con il passare degli anni, dall’iniziale entusiasmo e ingenuità degli autori si è passati a un fenomeno di polarizzazione delle pubblicazioni.
Alcuni autori hanno intrapreso la strada della professionalità e dello studio, cercando di presentare al pubblico di lettori opere al meglio sia in termini di contenuti che di realizzazione, rendendole quanto più indistinguibili possibile da quelle offerte dal mercato tradizionale. Scelta che ha comportato investimenti in editing a cura di editor professionisti, cover altrettanto professionali, corsi e formazione continui, conoscenza degli strumenti di marketing, ecc.
Altri hanno preferito continuare sull’idea della “produzione casereccia” per i motivi più disparati (la cui trattazione esula dagli scopi di questo articolo e ne meriterebbe uno a parte) e proporre opere insufficienti o scadenti.
In questo panorama complesso si è affacciata nel 2016 l’Associazione Culturale Extravergine d’autore, animata dal sincero proposito di scoprire e promuovere, come una sorta di talent scout, i testi migliori nel mare magnum dell’editoria indipendente.
Il semplice quanto rivoluzionario approccio neutrale alla valutazione degli scritti ha portato all’associazione molti estimatori ma anche molte critiche.
Perché? Perché le valutazioni imparziali, fuori dal coro e dai circoli di amici, sono scomode.
Io stessa, nella mia esperienza di blogger con Storie di Storia, mi trovo purtroppo ad ammettere che dal 2013, quando ho iniziato, non ho ancora incontrato un solo autore che accettasse critiche, sebbene circostanziate, alla propria opera. Nei fatti, intendo, non a parole. A parole, stiamo già vivendo in un mondo perfetto.
Comprendo a pieno, quindi, le difficoltà incontrate dall’associazione nel suo cammino.
Extravergine d’autore ha cercato di posizionarsi come autorevole vetrina nel settore dell’editoria indipendente e ci è pienamente riuscita andando in questi anni a selezionare e proporre testi di qualità, scrivere un blog ricco di articoli utili per chi vuole affrontare con serietà questa professione, dare spazio a interviste e molto altro. Non è tuttavia riuscita a “bucare” il sistema e imporsi a un largo pubblico, soprattutto tra gli autori, a causa della consuetudine tipica italiana di relegare la meritocrazia a un ruolo marginale in favore dell’aiuto degli “amici di amici”, dei “circoli di mutuo soccorso” e delle strade facili.
Dispiace apprendere di questa loro scelta di fermarsi, ma talvolta nella vita bisogna fare dei bilanci per poi decidere in quale direzione proseguire.
Io ringrazio Michel Franzoso e tutto il suo staff per l’impegno assiduo messo in questi anni e per i contenuti proposti. Il sito Extravergine d’autore rimane online affinché gli utenti ne possano continuare a beneficiare.
Un saluto che voglio sperare sia un arrivederci in altri progetti.