
TRAMA
Cairo, gennaio 2011. Nell’instabile scacchiere politico del suolo egiziano durante la primavera araba, il mondo assiste impotente alle immagini del fumo che si innalza dal Museo Archeologico. Ma il clamoroso furto perpetrato nelle sale che custodiscono i reperti di Tutankhamon nasconde un segreto più grande e temibile. Chi sono le misteriose pedine che si muovono in una scia di omicidi, disposte a tutto pur di entrare in possesso della rivelazione celata nel file JE60754?
Storia, avventura e thriller si mescolano in una vicenda che si snoda attraverso il tempo, dalla corte del tetrarca di Galilea Erode Antipa fino alla Costantinopoli del basileus Manuele II. Tra santi e peccatori – ora al seguito dei crociati di Sigismondo d’Ungheria, ora di mercanti di schiavi, cavalieri e spie – il racconto di un viaggio millenario intrapreso solo per amore. E per sete di vendetta.




ESTRATTO
Con un ruggito di rabbia, Erodiade scostò bruscamente la figlia da sé. Nel volto distorto dalla furia non vidi alcuna ombra del pianto simulato fino un attimo prima.
«Filippo mi getterà in mezzo a una strada, sempre che non voglia uccidermi per sbarazzarsi di me in modo definitivo. E anche di te, piccola stupida!» sibilò contro la figlia, additandola. «Non essere ingenua,» proseguì avanzando rabbiosa verso di lei, «credi che lui non disprezzi anche te? Anche tu l’hai tradito, abbandonandolo. Oh, no… non mi guardare con quegli occhi da animale scannato, ora. Fai tante storie per danzare di fronte a un re e alla sua corte, ma sai cosa fanno alle ragazzine senza casa nelle sudice vie popolane?» Salomè, sbiancata in volto, indietreggiava mentre la madre la incalzava afferrandole la mandibola. «Passeresti da essere la promessa sposa del tetrarca dell’Iturea e della Traconia alla cagna dei soldati in un bordello!»
Erodiade lasciò andare la presa solo quando la figlia fu con le spalle al muro, priva di resistenza. Un sorriso di soddisfazione le attraversò il volto quando fu certa, dagli occhi bassi e silenzio di lei, di aver vinto.
«Ora sai cosa fare» concluse asciutta. «Vai dal re e proteggi il futuro di tua madre. E te stessa.»
Le afferrò un braccio e, strattonandola, ritornò verso il salone delle donne.
«Mie signore» esordì non appena varcò la soglia, richiamando su di sé l’attenzione delle convitate. «La mia splendida figlia ha conquistato la benevolenza del sovrano che le ha così promesso un dono.»
Schiamazzi di esultanza si sollevarono dalle donne che batterono coppe e vasellame in segno d’approvazione.
Lasciato il braccio della figlia, Erodiade avanzò verso il desco spaziando con lo sguardo in cerca di qualcosa. Individuato un largo vassoio d’argento lavorato, lo afferrò e ne rovesciò il contenuto a terra, senza cura. Melograni rotolarono sulle lastre di pietra come piccole palle lanciate per gioco da un bambino.
«Tieni, mia cara,» disse, porgendolo alla figlia. «Questo ti servirà per ricevere ciò che ti spetta.»



